di Roberto Allieri
Guerra in Ucraina e aborti nel mondo. Due modalità di massacro contro l’umanità, in qualche modo collegabili. Eh sì: è guarda caso la stessa cultura di morte che spinge sempre più a soluzioni mortifere come l’aborto (ma anche l’eutanasia e la soppressione di persone fragili) a voler fomentare l’escalation di un conflitto ormai sempre più vicino all’opzione nucleare della distruzione totale.
Chi odia l’uomo, considerato cancro del pianeta, parassita che consuma troppe risorse ed aria (CO2), specie animale infestante da ridurre drasticamente in tutti i modi, che scrupoli può avere per cercare di fermare l’auto-distruzione dell’umanità? Quale tavolo di pace può perseguire se non quello della pace atomica, nel silenzio radioattivo e nella desolazione che mette a tacere tutte le contese? È questo il momento di denunciare con maggior veemenza l’inganno bellicista, smascherando una propaganda sempre più sfrontata.
li appelli mortiferi di Zelensky e i suoi rifiuti di ragionevoli azioni diplomatiche giungono a Sanremo nei giorni in cui si celebra la ricorrenza annuale a difesa della vita, voluta dai vescovi italiani. Durante questo periodo il popolo pro-life manifesta come può il suo inno alla vita, proponendo tra l’altro vasi di primule a sostegno di progetti per far nascere bambini, aiutando mamme in difficoltà.
Viviamo in un Paese che sta andando incontro a un collasso demografico per mancanza di ricambio generazionale, nel quale gli aborti ospedalieri e quelli chimici fai-da-te stanno minando le prospettive della popolazione. In questo quadro sconfortante sembra assodato che la maggior parte degli aborti avvenga per cause riconducibili a motivi economici. Se il figlio non è “sostenibile” nel budget famigliare la scelta di eliminarlo viene ritenuta quella più “sostenibile”. Ecco lo scandalo: se la vita costa troppo si può sopprimere. La vita umana diventa quotabile e quindi anche oggetto di transazioni, sino al punto che un figlio può essere comprato, scelto in un campionario o scartato se difettoso, come una merce. È la stessa logica che ha alimentato e alimenta ancora oggi la schiavitù e il traffico degli schiavi.
Ma c’è anche una buona notizia. È possibile contrastare questa mentalità in diversi modi. Ad esempio, facendo capire che occorre riconoscere uguale dignità a ogni essere umano, sin dal grembo materno. La dignità è un diritto connaturato all’uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio; un uomo che condivide con tutti gli altri un DNA che lo rende unico e irripetibile. L’uomo è una persona, non ammasso di materia organica. Ce lo dice la scienza e lo dimostra anche una semplice ecografia, tanto odiata perché svela le menzogne e l’evidenza che si vuole nascondere. E laddove le condizioni di vita sono tali da non rispettare la dignità umana, occorre sforzarsi non tanto per migliorare la dignità (che è una qualità intrinseca a ogni persona e immutabile, uguale per tutti) ma migliorare le condizioni degradanti.
Dare la vita o difenderla è sempre il “best interest”, il migliore interesse di ognuno. Se invece si comincia a ragionare come fanno nel mondo certi giudici o politici che pretendono di sopprimere vite umane per ragioni di scarsa qualità della vita o aspettative degradanti, cosa può impedire di affondare di proposito barconi stracarichi di migranti per gli stessi motivi o eliminare schiere di disoccupati o persone senza redditi o altre categorie sgradite? Ma torniamo alla scellerata campagna guerrafondaia e all’invio di armi fortemente voluta dai regimi occidentali (Italia compresa) a sostegno di Zelensky.
A Sanremo città dei fiori, nel periodo in cui le primule – offerte nei banchetti di movimenti pro-life – rappresentano la riscossa della vita, gridiamolo dai tetti, ai nostri governanti: mettete delle primule nei vostri cannoni!

Un Progetto Gemma – iniziativa promossa dai Movimenti per la Vita e Centri di Aiuto alla Vita che prevede un contribuito di circa 3000 euro a sostegno di gravidanze difficili – riesce in certi casi a scongiurare un aborto. Ma allora, ci chiediamo, un carro armato in meno a Zelensky quante vite potrebbe salvare destinando il suo costo a progetti di accoglienza e sostegno alle famiglie? Per inviare armi in Ucraina o per comprare vaccini inutili i fondi ci sono sempre. Ma per sostenere le famiglie italiane ad accogliere bambini arrivano solo briciole e vaghe promesse.
Certo, è triste comprare la vita, perché la vita non ha prezzo. È triste pensare che il diritto che ogni creatura umana concepita ha di venire al mondo sia spesso condizionato dalla situazione finanziaria della famiglia. Ma laddove il denaro diventa l’ultima spiaggia contro la disperazione occorre indirizzarlo dove può portare salvezza. E forse qui sta un punto cruciale che può concretamente far superare gli steccati che dividono pro-life e sedicenti pro-choice (ovvero, per la scelta di aborto): la questione del sostegno economico.
C’è infatti un duplice punto di partenza sul quale i diversi schieramenti potrebbero convergere:
1) l’aborto è un dramma da evitare (così da sempre riconoscono a parole tutti, femministe comprese); 2) le motivazioni economiche non devono essere un motivo di aborto e se lo sono possono e devono essere superate (lo prevede la stessa pur vituperevole legge 194/78).
Su questo secondo punto è bene, in particolare, far trarre alle femministe alcune coerenti conseguenze alle loro rivendicazioni di libera scelta. Del diritto cioè che una donna incinta avrebbe di scegliere liberamente se tenere o no il figlio che porta in grembo. Dunque, a questi paladini della libera scelta si potrebbe dire: se una madre non è libera di scegliere di avere un figlio perché ci sono impedimenti economici, allora sostenere finanziariamente la donna per favorire la nascita diventa un obiettivo di libertà di scelta. Infatti, una donna che volesse tenere il figlio ma abortisce perché costretta dalla pressione di chi adduce motivi di carattere economico non è libera nella sua decisione.
Almeno su questo versante, abortisti e anti-abortisti potrebbero condividere la stessa conclusione e scongiurare drammi (o meglio, tragedie), salvando innumerevoli vite. A meno che le battaglie per “la libera scelta” non nascondano una mentalità che considera la nascita di un figlio sempre come una minaccia in sé e per sé, come qualcosa da evitare. Ma se fosse così un certo mondo femminista che proclama di rappresentare e difendere le donne, dovrebbe calare la maschera. Infatti, la nascita di un figlio è un evento che nella vita riguarda la stragrande maggioranza delle donne e quindi rispettare la maternità significa mettersi realmente dalla parte delle donne; mentre contrastare la maternità contraddice l’aspirazione femminile più naturale, giusta e radicata.

Insomma, l’opzione “paga e salva” è una soluzione di compromesso che può far arricciare il naso a molti. Anche chi compra figli con il sistema dell’utero in affitto potrebbe eccepire che la vita si può comprare.
In effetti, occorre precisare: ciò che è lecito comprare non è un essere umano o una vita umana ma un’opzione di salvezza, di una persona altrimenti destinata alla morte. Il che è ben diverso. Pragmaticamente, il sostegno economico a madri in difficoltà è la strategia che può dare un più concreto successo in termini di salvezza di vite umane.
Ricorda quella adottata da Schindler nel famoso cult-movie di Spielberg. In quella pellicola il protagonista (ispirato a un vero personaggio della vita reale) salvava le vite degli ebrei condannati comprandole. E anche lui non comprava persone ma opzioni di vita per chi era condannato a morte. Schindler non metteva in discussione le leggi, né attaccava i detentori del potere. Questo non sarebbe stato possibile in quel clima culturale e politico. Ma piuttosto dava loro ottimi motivi per collaborare, seppur involontariamente, al suo progetto di salvezza. E allora, ci chiediamo, se il pragmatismo produce frutti migliori dell’idealismo senza contraddirlo, perché rinunciare?
Per non parlare di un’altra possibilità pragmatica di salvare la vita di un bambino dandolo in adozione alla nascita: è la facoltà del “parto in anonimato”, previsto dalla legge 194/78, alla quale non viene data alcuna pubblicità dallo Stato.
Concludendo: Sanremo città dei fiori che proclamano la vita o città dei cannoni che portano la morte? E il fiume di denaro che sta convergendo lì alimenterà sviluppo e crescita umana o distruzione? Basta guerra, morte, odio dell’uomo: è ora di cambiare musica.