Bergamo 3 Gennaio 2023
Un diffuso mormorio accoglie questa mattina, 2 gennaio 2023, le persone che entrano nell’ospedale di Treviglio. A pochi passi dall’ingresso c’è gente che prega accoratamente, davanti a cartelli che invitano a sollevare il sipario che copre la tragedia quotidiana dell’aborto. Qualcuno distribuisce volantini e rivolge ai passanti inviti per aprire i cuori e gli occhi. Alcuni di questi si soffermano e si prestano a un commento o a un breve dialogo; altri rimangono per un po’ pensosi a osservare, altri ancora tirano dritto.
Sembrano gente strana, questi dimostranti. Sono una ventina, provenienti da varie parti della provincia bergamasca e anche dalla Brianza. Aderiscono a varie associazioni che si riconoscono in un Coordinamento locale (di “Quaranta Giorni per la Vita”) che le riunisce per questa occasione. Che ci fanno lì? Non hanno altro da fare? Sicuramente potrebbero utilizzare il loro tempo in occupazioni più divertenti o in cose più urgenti. Eppure, per oggi, hanno deciso di condividere una missione speciale: prestare la voce a chi non ha voce, dare visibilità a vittime invisibili.
Pensano infatti che con l’ausilio della preghiera i bimbi non nati diventano presenza, la dignità loro negata viene proclamata e difesa. Questa è l’intima convinzione che agita le coscienze del manipolo di oranti.
Ma c’è dell’altro che spinge queste persone a rispondere ad appelli a difesa della vita nascente. Sta infatti diventando sempre più furibonda la battaglia tra la cultura della vita e la cultura della morte, già denunciata da San Giovanni Paolo II nell’enciclica “Evangelium Vitae”. E oggi si rischia di arrivare a un accanimento repressivo contro chi si batte per offrire alternative all’aborto. E’ di pochi giorni fa la notizia che in Gran Bretagna a Birmingham una donna è stata arrestata perché recitava preghiere mentalmente davanti a una clinica per aborti, peraltro chiusa in quel giorno (qui l’articolo sulla vicenda).
E’ questo l’ultimo salto qualitativo di una crescente strategia persecutoria: non basta limitare le manifestazioni pubbliche di opinioni e censurare le notizie che sconfessano il pensiero dominante; ora si vuole colpire anche il pensiero non manifestato (psico-reato?). Anzi, sembra che nella Camera dei Lord britannica sia in discussione un disegno di legge che a certe condizioni (come magari il semplice tenere un rosario in mano) vuole rendere un reato penale l’avvicinarsi a tutte le cliniche per aborti del Regno Unito. In Francia esiste già dal 2017 una legge che sanziona con due anni di carcere e fino a 30.000 euro l’intralcio all’aborto (perseguito anche sul web), con gravi limitazioni per chi vuole anche solo spiegare le modalità dell’aborto, le conseguenze negative sulla madre o ciò che succede al feto. E anche in Spagna, Canada e Germania le autorità sono sintonizzate sulla stessa lunghezza d’onda.
“Che curioso paradosso, – ricorda poi uno dei partecipanti alla testimonianza davanti all’ospedale, citando il pensiero del cardinale Robert Sarah – mentre la maggior parte delle società vogliono eliminare la pena di morte per gli assassini, la si vuole istituire per persone innocenti e vulnerabili, dall’embrione fino all’anziano e al malato o ancora per quanti sono stanchi di vivere”.
Ebbene farsi presenza orante oggi davanti agli ospedali che praticano aborti, così come nel dibattito pubblico sulla difesa della vita, per sensibilizzare l’opinione pubblica diventa oggi una battaglia di resistenza. O, se vogliamo come è di moda dire oggi, di resilienza. Per questi coraggiosi testimoni della sacralità della Vita resilienza non vuol dire supina acquiescenza, desistenza e accettazione delle crescenti manipolazioni e imposizioni, in campo etico come in altri aspetti della nostra vita quotidiana. Resilienza significa invece non scoraggiarsi, mantenersi tenaci nell’opposizione e nella testimonianza. Altrimenti è già tracciata la strada di un sistema che, pur ammantandosi di principi quali inclusività, tolleranza, rispetto, lotta alla discriminazione è pronto a colpire con spietatezza chi non è dalla parte giusta.